La tematica del viaggio in letteratura è molto ricorrente. Spostarsi da un posto all’altro è un cliché nella vita e nella storia degli esseri umani. Gli uomini viaggiano per diversi motivi: lavoro, svago, conoscenza, contrasti politici, guerre.

Qualunque sia il motivo che spinge l’uomo a spostarsi da un posto all’altro, i sentimenti di chi viaggia si accomunano e da sentimenti individuali diventano sentimenti collettivi.

La sofferenza del distacco, la nostalgia, il desiderio del ritorno, l’incontro con “l’altro”, la riscoperta e l’affermazione della propria identità, il superamento dei propri limiti.

Il viaggio può avvenire in diversi modi: per terra o per mare ma è anche possibile viaggiare in un modo meno convenzionale: con la fantasia.

Questa tematica si presta a molteplici interpretazioni dovute al modo in cui nei secoli la letteratura ha affrontato l’argomento.

La metafora del viaggio in letteratura

Per tutti questi motivi, quello che noi definiamo” viaggio “ deve essere visto sempre come un’occasione di arricchimento della nostra anima.

Spostarsi, allontanarsi dal proprio porto sicuro, implica il contatto con il diverso e la scoperta di luoghi mai visti.

Il viaggio in letteratura unisce il reale con il fantastico e l’incontro con l’inconsueto e il magico. Il principale scopo del narratore di storie di viaggi è quello di suscitare stupore al lettore.

Accanto ai diari di viaggio la letteratura dedica  ampio spazio ai viaggi puramente immaginari, dove il pericolo metta a dura prova il protagonista del racconto e le sfide che devono essere affrontate rappresentano una vera e propria iniziazione di crescita e purificazione. Racconti di terre sconosciute e lontane le troviamo già nella storiografia sia Greca che Romana.

Il viaggiatore per eccellenza della letteratura greca é Odisseo o anche chiamato Ulisse, eroe mitologico, che lontano dalla propria patria affronta con coraggio e astuzia mille pericoli pur di far ritorno nella propria terra. Il viaggio in letteratura latina rappresenta il viaggio di formazione e di crescita. Le sfide per raggiungere lo scopo (la meta), si susseguono in maniera crescente e fanno diventare un uomo comune un eroe.

Il tema del viaggio nella Letteratura greca e latina

Il viaggio in letteratura è un topos molto antico. Nella letteratura greca ci basterà pensare alla figura di Odisseo (Ulisse) ,eroe peregrino per 20 anni in mezzo al mare, e le Argonautiche di Apollonio Rodio , il cui protagonista Giasone ,insieme ai suoi compagni “gli Argonauti”, parte alla ricerca del Vello d’oro. Tra gli autori latini non si può tralasciare Virgilio. La maggior parte del racconto dell’ Eneide di Virgilio è infatti incentrata sul viaggio di Enea, profugo di guerra, che insieme ai suoi compagni si spinge per mare alla volta del Mediterraneo.

L’ultima parte del poema epico ha invece come tema l’approdo dell’eroe nel Lazio e la fondazione di  Roma. È il fato che affida ad Enea il compito di fondare la stirpe romana e Enea, come Ulisse, affronta mille sfide prima di approdare in un porto sicuro. Enea, avrebbe voluto morire con la sua città e che è costretto a lasciare in fiamme, ma il suo destino è quello di vivere per realizzare un disegno divino: la fondazione di Roma e la costruzione del mondo di Augusto.

Enea segue il volere degli dei, Ulisse al contrario è destinato a vagare a causa della rabbia che Poseidone (Nettuno) nutre contro di lui. Ulisse è l’uomo ingegnoso, furbo, a volte ambiguo che incarna la hybris, la superbia nei confronti degli dei. Enea invece è un uomo “pio” un eroe unilaterale che si lascia guidare dal fato. Nella letteratura Latina il viaggio viene interpretato come prova di coraggio dell’eroe e come crescita personale del protagonista o come qualcosa di predestinato al fine di uno scopo superiore dettato da leggi divine.

Il viaggio in letteratura: la Figura di Ulisse, viaggiatore per eccellenza

Ulisse viaggiatore

Il personaggio mitologico Ulisse, non rappresenta solo il viaggiatore per eccellenza ma è anche simbolo di astuzia e intelligenza, capace di superare tutti i pericoli che incontra sulla strada per ritornare a Itaca. Insidie inaspettate e forze occulte mettono a dura prova Ulisse e il suo istinto di sopravvivenza nel suo lungo camminino che dura vent’anni. Ulisse è costretto a mettere in atto assurdi travestimenti e falsi racconti pur di allontanare da sé la morte e continuare a sperare il ritorno nella sua amata terra. Il viaggio di Ulisse non può e non è da considerarsi come unica finalità e scopo quella del ritorno a casa, ma diventa uno stimolo di ricerca continua, di confronto e di sfida.

L’Ulisse di Dante

Il personaggio di Ulisse viene ripreso da Dante nella divina commedia. Dante incontra Ulisse nell’ottavo cerchio dell’inferno dove vengono condannati gli orditori di frode (ventiseiesimo canto). Si tratta di condottieri e politici che non agirono con armi né con il coraggio ma con l’acutezza spregiudicata dell’ingegno. Ulisse viene condannato insieme a Diomede in questo cerchio per diversi motivi sia politici che etici.

  1. L’inganno del cavallo di Troia che provocò la caduta della città.
  2. Insieme a Diomeda costringe ad Achille (che la madre Teti aveva travestito da donna per non farlo partecipare alla guerra) a partecipare alla guerra Troia, abbandonando l’amante Deidiama che muore di dolore
  3. il furto del Palladio (la statua di Atena) che proteggeva Troia
  4. Viene condannato soprattutto per aver convinto i suoi compagni a intraprendere una folle impresa: costeggiare l’Africa fino alla costa estrema superando le colonne di Ercole(lo stretto di Gibilterra) in cui gli dei avevano posto i confini. Ulisse sfida gli dei cercando si superare i limiti imposti agli uomini. Sulle colonne di Ercole, secondo i romani, era posta la scritta “non plus ultra”. Limiti che ogni uomo deve mantenere se non supportato dalla fede.

L’Ulisse di Dante è caratterizzando dall’arguzia e dalla sede di conoscenza che non conosce limiti. L’errore per Dante non sta nel coraggio ma nel percorrere questa via senza la guida divina. Spinto a riprendere il mare all’infinito senza una meta, verso il suo unico, eterno ed ultimo viaggio. Ulisse che dopo essere tornato a casa riprende il mare, finisce nel perdersi nelle acque profonde in cui cerca le risposte sul mondo, è un uomo pellegrino alla ricerca di sé spinto da un continuo desiderio di conoscere il mondo. Con Dante l’eroe viene immortalato come simbolo di slancio verso l’ignoto, dignità e condanna della condizione umana. Ulisse rappresenta il nuovo Prometeo che sfida i limiti imposti dagli dei per regalare agli uomini un nuovo barlume di conoscenza.

Marco Polo il primo resoconto di viaggio

Il Milone

Il Milone è un resoconto di viaggio che Marco Polo dettò a Rustichello da Pisa. Si tratta del primo vero e proprio resoconto di viaggio. Inserire il Milone in un genere preciso non è semplice: potrebbe rientrare nella cronaca o nelle trattatistiche storico- geografica per la sua scrittura, mentre per la materia che tratta potrebbe essere collegato nelle relazioni di viaggio, di frequente compilate durante il XV secolo, da viaggiatori e missionari. Marco Polo in compagnia del padre Nicolò e dello zio Matteo, mercanti in Oriente, parte per la Cina intorno al 1271.

Giunto alla corte del Gran Khan imperatore e sovrano di gran parte dell’Asia, Marco vi soggiorna a lungo, diventando uno degli uomini di fiducia dell’imperatore compiendo numerosi viaggi in altre regioni del continente asiatico. Torna a Venezia nel 1295 e poco dopo viene fatto prigioniero dai genovesi. Durante la prigionia incontra Rustichello da Pisa. autore di romanzi in lingua d’oil, e ha modo di raccontargli i suoi fantastici viaggi, che l’amico si impegna a trascrivere fedelmente in lingua francese.

Dalla loro collaborazione nasce l’opera intitolata La divisament dou monde (la descrizione del mondo); il titolo Il Milone apparve solo in una seguente redazione in toscano. L’opera, più che una relazione di un lunghissimo e straordinario viaggio, è una minuta descrizione di un intero continente allora sconosciuto. Oltre a una precisa descrizione geografica di luoghi visitati, il libro riesce ad essere una preziosa fonte di notizie e osservazioni su usi, costumi, riti religiosi caratteristiche climatiche, organizzative, amministrative, monetarie e doganali delle civiltà orientali.

Medioevo metafora del viaggio come “passaggio”.

Viaggio Immaginario e fantastico

Il cristianesimo aggiunge al viaggio una nuovo significato semantico quello di cammino e passaggio dal mondo terreno al mondo celeste. Nasce l’esigenza di purificazione attraverso i pellegrinaggi in luoghi di culto. Gli spostamenti da un luogo all’altro assumono un significato mistico. Qui si colloca la Divina Commedia di Dante. Dante immagina di affrontare un viaggio ultraterreno attraverso il mondo dei morti, dal profondo inferno fino alla gloriosa visione del paradiso.

Ariosto nel scrivere il suo poema epico Orlando Furioso non solo fa attraversare ai suoi personaggi boschi e mari ma addirittura li fa arrivare fin sulla luna. Nella tematica del viaggio diventa legittimo il fingere letterario e i luoghi descritti diventano sempre più inverosimili e meravigliosi.

Il Grand Tour

Il “Grand Tour” è un fenomeno culturale e sociale, che in un primo momento coinvolge l’aristocrazia e in un secondo tempo le classi medie, soprattutto dell’Inghilterra e della Francia ed in generale dei paesi nordici. Questo  termine appare per la prima volta nel volume di Richard Lassels “An Italian Voyage, or Compleat Journey Through Italy” (1670).

Scrive Lassels: “Nessuno  è in grado di comprendere Cesare e Livio come colui che ha compiuto il Grand Tour completo della Francia e dell’Italia.”

Ha inizio sul finire del XVIII secolo e si conclude nella prima metà del XIX, quando comincia ad affermarsi l’industria del turismo e dello svago.

Il turismo di oggi  è contrassegnato dal desiderio d’evasione dai problemi della vita quotidiana, dalla voglia di libertà e di totale rilassamento.  Al contrario il Grand Tour si può considerare come un vero e proprio viaggio nella storia e nella conoscenza, come incontro tra il noto e l’ignoto, come momento educativo essenziale dei giovani rampolli della borghesia.  Nel XVIII secolo raggiunge la massima affermazione.

Il 1700  è infatti l’epoca in cui il culto della ragione è al massimo livello e il desiderio di conoscere altri popoli e altri stili di vita è un compito non rinviabile per chi vuole sentirsi abitante a tutti gli effetti del  mondo.

In questo periodo il viaggiatore che si aggira per l’Europa è una sorta di pellegrino laico che si allontana dalla sua città per percorrere le antiche vie del sapere.

L’Italia, viene vista come il luogo in cui si è formata la civiltà occidentale; è dunque la terra della classicità, meta agognata di ogni viaggiatore colto, di ogni giovane che intenda coronare e concludere il suo corso di studi universitari. Il già citato Richard Lassels apre il suo “An Italia Voyage”, con questa affermazione:

“Omero ci presenta Ulisse come il più saggio dei Greci poiché aveva viaggiato molto e aveva visto città e costumi di molte genti… Anche il giovane d’oggi dovrebbe viaggiare in Italia e arricchire la propria mente mediante la gravità e le massime di un paese che ha reso civile il mondo intero e ha insegnato all’umanità cosa significhi essere Uomo”.

Il viaggio come purificazione

Spesso il viaggio e la partenza sono visti come processo di purificazione del soggetto e prerogative essenziali di un iter di iniziazione alla vita, per cui l’abbandono della propria casa, malgrado dolorosa, ed il cammino attraverso paesi sconosciuti diventano tappe necessarie nella crescita dell’individuo.

A tale proposito, Richard Lassels raccomanda che il giovane signore progetti di lasciare «tutta l’ostinazione e la testardaggine; ogni morbidezza e ricerca eccessiva dell’agio, ogni effeminatezza e delicatezza; tutti i trucchi fanciulleschi di mano e di parola, tutto il gusto di essere il migliore della compagnia».

Si tratta di un denudamento del soggetto insito nella partenza che si rende funzionale alla creazione del nuovo io che fa ritorno e della profonda consapevolezza che il viaggio è mutamento.

Il tutto si prospetta come un’esperienza di formazione, in grado di fare dei figli degli aristocratici e delle classi emergenti  dei mercanti, dei burocrati di stato, dei professionisti, degli autentici gentiluomini e dei perfetti diplomatici.

L’importanza del Grand Tour è riassunta da una pagina di Laurence Sterne  in “The prodigal Son”:

 “[…] A questo sprone che ci pungola costantemente dobbiamo il desiderio di viaggiare, e tale passione, non più delle altre, non è cattiva in sé – lo è solo se usata in maniera sbagliata e eccessiva.Usata in maniera giusta, i vantaggi che ne derivano valgono gli sforzi della ricerca – il principale di tali vantaggi consiste nell’apprendere le lingue, nel conoscere le leggi e i costumi, gli interessi e le forme di governo delle altre nazioni; consiste nell’acquisire urbanità di modi e sicurezza di comportamento, nell’educare lo spirito alla conversazione e ai rapporti umani […] i viaggi riformano i nostri giudizi – facendoci provare le molteplici varietà della natura, ci insegnano a conoscere che cosa è buono – permettendoci di osservare gli atteggiamenti e le arti degli uomini, ci consentono di farci un’idea di ciò che è sincero – e mostrandoci le differenze degli umori e dei modi di vita, ci inducono a guardarci dentro e a formarci i nostri”.

Il Settecento, il secolo d’oro dei Viaggi

Se il Grand Tour ha inizio nel Seicento, esso raggiunge il suo apice nel secolo dei Lumi il Settecento può essere considerato il secolo d’oro dei viaggi, sulla spinta dell’ottimismo della ragione, del cosmopolitismo e del desiderio di una conoscenza che nascesse a diretto contatto con le cose.

Quando il viaggiatore settecentesco tornerà a casa col suo taccuino pieno di appunti,nel momento in cui si accingerà a trarne un volume da pubblicare, tralascerà tutti gli aspetti scabrosi della sua esperienza e della natura osservata.

E’ possibile affermare, con buona approssimazione, che l’idea di Grand Tour, sotto il profilo letterario, ha inizio con la pubblicazione delle” Remarks upon Several Parts of Italy” (1710) di Joseph Addison e sembra concludersi con le campagne napoleoniche sul finire dello stesso secolo.

Tuttavia non morirà subito, ma avrà una ripresa dopo il Congresso di Vienna (1815), per poi scomparire definitivamente con l’avvento del turismo di massa, il cui diffondersi è soprattutto dovuto al desiderio di svago e all’incremento delle vie e dei mezzi di comunicazione oltre al miglioramento generale del tenore di vita e alla possibilità di usufruire di periodi di ferie .

Viaggio sentimentale

Addison è il tipico viaggiatore che si avvia ad attraversare lo stivale fortemente influenzato dalla sua cultura classica. Il suo sguardo è filtrato dalla sua ideologia, che riconduce tutto alla ragione e non ammette nessun lato oscuro delle cose.

Egli si reca in Italia non tanto per conoscere usi, costumi, condizioni economiche, ma semplicemente ed esclusivamente per avere un riscontro diretto di quello che aveva letto nei classici latini.

Di fronte all’incuria in cui versano i monumenti dell’antichità non può non esprimere disprezzo per un popolo che aveva dilapidato tutto il suo patrimonio di classicità. Tuttavia al di là di queste considerazioni il libro di Addison è il primo esempio di letteratura di viaggio, detta anche odeporica.

E’ il primo viaggiatore “filosofico” il quale si limita a descrivere con distacco la condizione delle cose, dei costumi, delle antichità, della natura.

A questo filosofo itinerante viene sostituendosi il “viaggiatore sentimentale ”che “legge” le cose non spinto da uno spirito di conoscenza, ma sull’onda di una sua condizione emotiva, anteponendo i sentimenti e le interferenze del cuore all’osservazione distaccata.

II viaggio nella letteratura del 900

Nella letteratura del 900 il viaggio diventa espressione del disorientamento dell’uomo contemporaneo, Nel 900 cambia profondamente il modo di interpretare il viaggio, nascono le prime automobili, gli aerei e i transatlantici, le distanze si accorciano e la comunicazione diventa sempre più rapida con l’uso della radio e il telefono. Cambia il modo di intendere il viaggio che assume un valore psicologico e emotivo.

“La coscienza di Zeno” in Italo Svevo è un viaggio attraverso la memoria dell’autore fornita dalla psicanalisi.  Il romanzo è un fluire di ricordi tramite il rapporto di causa-effetto con alternanza di passato e presente il cui scopo è la ricerca di sé ed è l’occasione per riflettere sullo scopo della vita.

“la vita non è né bella né brutta, ma è originale. È un’enorme costruzione priva di scopo, forse l’uomo vi è stato messo dentro per errore e non vi appartiene.”

Le città moderne sono pervase dalle nuove tecnologie a una crescita indiscriminata e per Italo Calvino diventano  Città invisibili (1972). L’opera “Città invisibile” prende spunto dalla globalizzazione, e diventa un viaggio mentale fuori dal tempo, volto sulla riflessione del reale alla riscoperta dei rapporti dell’uomo con la natura. Ne nasce una descrizione variegata del mondo delle città , in un immaginario in cui tutto è il contrario di tutto.